sabato 1 settembre 2007

Cose da fare quando ti invitano alla Biennale

Son stato alla biennale. E siccome sono snob dico subito che non c'è niente di che (e che l'arsenale della Serenissima resta molto piu' interessante di tutte le opere esposte al suo interno). Ma siccome sono anche parvenu dico anche che mi son comunque divertito parecchio a girare, far commenti e tirare freccette nel padiglione svedese. Visto infine che sono anche un sagace sémiologue (usiamo parola straniera per rispettare lo stile di questo post...) ho individuato alcune regole fondamentali che ogni artista dovrebbe seguire per garantirsi attenzione e rispetto, una volta invitato nel biennale baraccone. A chi si dovesse chiedere perchè non le tenga per me, garantendomi una vita di soddisfazioni o quantomeno qualche comparsata a Telemarket, rispondo (rimanendo in tema) che mi sento come quelli che vendono di mattina i numeri del lotto nelle tv private: li so, ma se li giocassi non vincerei, dunque visto che dell'informazione non si butta niente (come del maiale, ma sono vegetariano, quindi macello informazione), preferisco non sprecare questo sapere e metterlo a disposizione di qualcuno che potrà invece beneficiarne.

Regola 1: Fare un omaggio a Venezia.
Non c'è nome importante che, tra barchette o vetri di murano, rinunci a sfruttare (ops, a reintrapretare artisticamente, intendevo) in qualche modo un cliché sull'esotica città ospitante. Dunque tra due anni preparatevi a scatenarvi con acque alte, cappelli rotondi di paglia, Lino Toffolo o camper camuffati da finti mezzi blindati (con doppia citazione all'attacco dei "serenissimi" di qualche anno fa e al furgone di George Peppard trasformato da Mr. T in ogni puntata dell'A-Team).

Regola 2: Esorcizzare la morte.
Questo vale sempre ed in effetti è cosa di cui è difficile non parlare, per cui potreste essere tentati dal non prestarvi attenzione per paura di risultare scontati: sarebbe un grave errore. Tra ragazzini che giocano a calcio coi teschi, folle multilingue che ripetono che moriranno, donne francesi che riprendono l'agonia della madre, gli artisti anche quest'anno ci tengono a farci sapere che han paura di morire. Personalmente non avevo bisogno del memo. Però proprio questa potrebbe essere una buona proposta per la prossima edizione. Una specie di versione globalizzata del monaco trappista: allarmi sul cellulare, messaggi su gmail e post-it con scritto "ricordati che devi morire". E magari un po' di odore di carne in putrefazione, così l'installazione è completa.

Regola 3: Critica del conflitto in Iraq.
Trovare qualcosa di nuovo qui sarà davvero dura, non c'è uno che non si sia inventato qualcosa anche quest'anno (tra foto di morti, omaggi, critiche, provocazioni e finte agenzie turistiche per viaggi di piacere a Baghdad, con tanto di biglietto stampato se si ha la pazienza di far la coda). Però dai, ci sono altri due anni per scoprire qualcosa di peggio di Abu Ghraib, dei massacri di civili, delle fosse comuni e dei calzini bucati di Paul Wolfowitz. Insomma un'idea verrà fuori.

Regola 4: Mostrare uccelli morti.
Non è davvero importante in quale formato: impagliati, fotografati, in poliuretano, di vetro (vedi regola 1) insomma va bene tutto, basta che la cosa sia abbastanza truce da trasformare il proprio padiglione nell'inferno del birdwatcher. Mi dicono che questa cosa vada avanti da tanti anni, che già lo facevano negli anni '60 e poi volendo basta pensare alle buone vecchie nature morte con cacciagione, però garantisco che l'uccello morto è ancora un irrinunciabile capo all'ultima moda.
Per la prossima edizione potrebbe dunque essere un'idea provare a sconvolgere tutti allestendo una grande gabbia piena di piccoli uccellini ancora saltellanti. Ma, per non essere troppo provocatori, affiancandovi un'arzdora veneta che mescoli la polenta nel paiolo, giusto per dare la garanzia che vivi lo saranno ancora per poco.

Provate ora ad immaginare una installazione che mostri la triste storia di un piccione che, dopo la morte di tutta la propria famiglia (regola 2), impagliata da un artista canadese (regola 4), ormai incapace di provare soddisfazione nell'imbrattare piazza San Marco (regola 1) parta per un lungo viaggio alla ricerca di se stesso, che si conclude drammaticamente a Baghdad, quando nel tentativo di defecare sulla cupola di una moschea (così ci mettiamo anche lo scontro di civiltà, fuori categoria, ma sempre vincente) viene impallinato da un cecchino sciita, poi fatto saltare in aria da un attentatore sunnita, poi ucciso (assieme a qualche civile di passaggio) da una pattuglia americana (sembra la versione irachena della "fiera dell'est", ma è per rispettare anche l'ultima regola, la numero 3).
Dico: che grande artista che sarei. Vedo già il mondo dell'arte ai miei piedi. E invece offro a voi tutto questo. Come una quaterna sulla ruota di Venezia. Ma affrettatevi, sento già i centralini in subbuglio.